Le tecniche pubblicitarie sono certamente variegate come gli stessi oggetti da promuovere, ma negli ultimi anni, con l’aiuto anche dei nuovi sistemi di comunicazione legati ad Internet, le regole sulle quali si basa il modo di fare pubblicità in generale stanno cambiando più profondamente e velocemente che mai.
Se la nuova scuola di promozione di marchi e prodotti si chiama Giornalismo d’Impresa, il Brandjournalist può essere considerato a tutti gli effetti l’esecutore. Nel panorama italiano un esempio è la società animaincorporation il cui fondatore Remo Bassetti, si occupa di Brandjournalism e più in generale di consulenza dell’identità culturale delle imprese.
La società odierna è radicalmente mutata rispetto a quella rappresentata dalla precedente generazione. Oggi le relazioni passano attraverso media più complessi e l’intera rete di contatti e condivisioni si è fatta incredibilmente più intricata ed interconnessa. La conoscenza di una qualsiasi nuova realtà avviene in maniera molto più articolata, perché molto diverse possono essere le modalità di informazione. Se alcune decine di anni fa, per diffondere un determinato messaggio gli esperti pubblicitari potevano far leva su pochi strumenti tecnologici disponibili, come la televisione, la radio e la carta stampata, da qualche anno a questa parte, le strade possibili per raggiungere i potenziali clienti nell’era di Internet non sembrano esaurirsi mai. La pubblicità deve quindi assumere forme nuove e mimetizzarsi in maniera efficace per conquistare l’attenzione più alta anche di quelle persone che hanno privilegiato i nuovi strumenti tecnologici.
Il classico spot pubblicitario che promuove esplicitamente i vantaggi del prodotto di una qualsiasi azienda è divenuto obsoleto e, grazie al potere acquisito dagli utenti con le nuove tecnologie di scegliere cosa guardare e leggere, sovente lo slogan commerciale non è neppure in grado di ottenere i risultati minimi sperati. Sempre più categorie di persone a cui puntano le aziende hanno sviluppato evidentemente “anticorpi” contro la pubblicità tradizionale, verso la quale si manifesta quindi un sostanziale rifiuto invece che attenzione, anche presumibilmente per un bisogno maggiore di semplificazione del crescente flusso informativo che investe quotidianamente le persone. Ecco perché oggi è necessario conquistare l’attenzione degli utenti con strategie più sottili ed invisibili, che sfruttino le nuove forme di socializzazione della conoscenza e che sappiano diffondere il messaggio utile al business dell’azienda, ma senza per questo apparire scontate o banali.
Il Brandjournalism è esattamente questo! Un modo sofisticato di far conoscere un determinato marchio commerciale mediante l’atto di raccontarne il suo contorno ovvero la sua storia o anche semplicemente la sua esistenza all’interno di testi non prettamente redatti per quest’ultimo scopo. L’esperienza empirica insegna che ha maggiore capacità di influenzare l’opinione delle persone l’idea che nasce spontaneamente a seguito di un processo meditativo, spesso inconscio, piuttosto che quella che si cerca in tutti i modo di inculcare, impiegando peggio ancora tecniche grossolane e ampiamente riconoscibili.
Il professionista del “giornalismo d’impresa” si preoccupa dunque di popolare social network, blog e altri media con testi e video sostanzialmente pertinenti al tema trattato all’interno di questi stessi spazi della comunicazione moderna, poiché è proprio quello specifico tema che ha spinto l’utente a collegarsi e ad unirsi alla discussione o, più semplicemente, a convincerlo che valeva la pena spendere qualche minuto per continuare a leggere. Tra le righe o esplicitamente, il Brandjournalist racconterà o si limiterà a citare il prodotto e il marchio dell’azienda che intende far conoscere.
Le nuove aziende invece che hanno bisogno prima di tutto di farsi conoscere, possono sfruttare il lavoro dei giornalisti di impresa che racconteranno la storia della società o eventi collegati con il brand specifico, senza necessariamente citarlo direttamente. L’azione del descrivere ed informare in modo obiettivo, in autentico stile giornalistico, è dunque l’arma del Brandjournalism per innescare nelle persone quel processo meditativo mediante il quale nasce e si consolida l’idea e, quindi, l’opinione sul marchio. In questo modo, l’azienda che ha affidato la sua immagine al Brandjournalism raggiunge elegantemente il suo obiettivo.
Ma il Brandjournalism va oltre al mero obiettivo di vendere un messaggio pubblicitario: grazie alla fitta rete dei social network, l’utente di Internet instaura con l’azienda un rapporto più complesso e più forte. Entrando in discussioni con amici e conoscenti che hanno per oggetto l’azienda o un suo prodotto, la sua immagine stessa finisce per conquistare un livello di fiducia delle persone decisamente più alto, trasmettendo loro anche l’impressione di essere più vicina e conosciuta. In altre parole, si costruisce quel rapporto ideale tra azienda e cliente in grado di fidelizzare quest’ultimo in modo più forte.
L’enorme potenzialità dei social network per il business di una azienda vale anche in senso contrario. Per questa ragione è fondamentale avvalersi di comprovati professionisti del settore del Brandjournalism, poiché ogni informazione immessa in rete subisce una profonda “analisi collettiva” ed è di estrema importanza fare in modo che l’esito di questa elaborazione sia il più positivo possibile.
Dietro al Brandjournalism deve dunque esserci un’altra analisi, ossia quella del comportamento degli attori che popolano il network e gli effetti che i loro contenuti e quelli di altri hanno su ogni singolo soggetto che partecipa e condivide le risorse della rete. Da qui è facile quindi intuire l’enorme complessità che caratterizza questo delicato strumento di promozione ma, al contempo, si comprende appieno l’enorme ruolo che potrebbe avere per il futuro economico di qualunque tipologia di impresa.