Come difendersi in caso di assegno non coperto

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Può capitare, almeno una volta nella vita, di recarsi alla banca per incassare un assegno e scoprire che si tratta di un assegno non coperto.

Ovviamente si tratta di una situazione che crea più di un inconveniente per coloro che hanno bisogno di incassare il denaro e che può avere serie conseguenze per chi quell’assegno lo ha emesso.

Ma cosa si può fare per difendersi in caso di assegno scoperto? Cerchiamo di fare chiarezza.

Cos’è un assegno scoperto

Prima di capire cosa fare per difendersi quando si riceve un assegno scoperto, è fondamentale chiarire cosa si intenda per assegno scoperto.

Questa definizione indica quando un assegno presentato all’incasso non trova fondi sufficienti sul conto corrente del debitore che lo ha emesso.

In altre parole, l’assegno risulta senza provvista, ovvero mancano le risorse finanziarie  necessarie per coprire l’importo.

Affinché un assegno sia valido, chi lo emette deve verificare il saldo contabile.

Poiché l’assegno è un metodo di pagamento postdatato, può succedere che i fondi siano presenti al momento dell’emissione ma non al momento dell’incasso.

Per evitare problemi, è prudente mantenere sempre un margine di sicurezza sul proprio conto.

Un assegno viene considerato scoperto anche se manca una piccola parte delle somme dovute, e in tal caso, la banca del debitore non pagherà il creditore.

La banca non è obbligata ad anticipare o coprire i debiti dei propri correntisti, salvo che non sia stato precedentemente concesso un fido bancario.

Cosa fare una banca in caso di assegno scoperto

Quando scopre che un assegno non è coperto, la banca che lo ha rilevato notifica immediatamente l’emittente tramite una lettera raccomandata.

In alcuni casi, se l’emittente è un cliente abituale, la banca potrebbe contattarlo anche telefonicamente o via e-mail come gesto di cortesia.

Nella comunicazione, la banca informa l’emittente della mancanza di copertura dell’assegno e delle possibili conseguenze. Clicca qui per approfondire quali sono i rischi che corre chi emette un assegno non coperto.

L’emittente ha la possibilità di regolarizzare la situazione pagando le somme dovute entro 60 giorni dalla notifica. In questo caso, oltre all’importo originario, dovrà versare una penale fissa del 10% della somma dovuta, insieme agli interessi legali maturati e alle spese di eventuale protesto.

E se l’emittente continua a non pagare?

Se il debitore non salda le somme dovute per la copertura dell’assegno entro i 60 giorni, o la banca non riceve la quietanza liberatoria, l’istituto di credito deve intraprendere due azioni principali.

In primo luogo, la banca segnala il nome del debitore alla CAI (Centrale di Allarme Interbancario), un archivio che raccoglie i nomi degli emittenti di assegni scoperti.

Una volta inserito nella CAI, il debitore perde immediatamente il diritto di erogare assegni (per un periodo di sei mesi) e deve restituire alla banca il libretto degli assegni non utilizzati.

Essere registrati nella CAI comporta anche l’impossibilità di accedere a credito, finanziamenti, mutui, prestiti e l’apertura di nuovi conti presso qualsiasi istituto di credito, non solo quello originario.

Successivamente, la banca informa il prefetto del luogo di pagamento dell’assegno, che avvierà un procedimento amministrativo per ufficializzare le sanzioni contro il debitore.

Durante questo procedimento, il debitore può presentare la propria difesa.

Se il prefetto ritiene che le giustificazioni non siano valide, emette un’ordinanza di ingiunzione di pagamento di una sanzione pecuniaria, variabile tra 516,34 e 3.098,74 euro, considerando anche l’importo dell’assegno scoperto.

All’importo della sanzione, a seconda dei casi, si possono aggiungere anche la revoca della possibilità di emettere assegni per un periodo da 2 a 5 anni o, per assegni scoperti superiori a 51.645,69 euro, l’interdizione dall’esercizio della professione.