Oggi è difficile concepire un’impresa senza affrontare il tema di come essa si rapporta con il mercato estero e con l’internazionalizzazione. In una società iper globalizzata come la nostra, sono ben poche le imprese ‘strettamente’ nazionali, che non hanno rapporti di import/export con l’estero, filiali all’estero, e che non si appoggiano su altre nazioni per approvvigionarsi di beni o di servizi.
La questione dell’internazionalità dell’impresa, quindi, è un tema scottante che affronta alcuni punti cruciali come il tema del lavoro, della normativa nazionale ed estera che si applica in questi casi, delle tasse, dei trasporti ivi comprese le normative doganali (a tal proposito vi segnaliamo questo corso proposto da Arcom Formazione), e ovviamente del diritto del lavoro e dell’impresa, sia dal punto di vista civile che dal punto di vista penale.
Un punto oggi sembra preponderante: è sempre più difficile, per un’impresa, sopravvivere operando solo ed esclusivamente nel proprio territorio.
Oggi, per le aziende, guardare oltre i propri confini (intendiamo quelli nazionali) sembra un vero must per poter espandere il business ed in alcuni casi anche solo per portarlo avanti.
Cosa significa internazionalizzare l’impresa? Si ritorna a questo termine ogniqualvolta che si vendono prodotti o servizi all’estero, che si acquista da produttori esteri, che si hanno alleanze o patti con concorrenti o partner stranieri, che si trovano all’estero forme di finanziamento. Detto così, capiamo bene che sono poche le imprese italiane che non hanno alcun rapporto con quello che avviene al di fuori dei confini. Ma perché questo avviene, quali sono i meccanismi che intervengono?
Perché l’internazionalizzazione?
Una domanda sorge spontanea: perché questo processo? Perché oggi per un’impresa internazionalizzarsi è una questione spesso di sopravvivenza e di poter continuare ad essere competitiva? I processi e le spinte che hanno portato a questa condizione sono davvero molto diversi. Innanzitutto, consistono nel diffondersi dei know-how, ovvero delle conoscenze tecnologiche e pratiche che stanno alla base dell’erogazione di un servizio e della produzione di beni: esse non sono più concentrate in singoli Paesi, ma sono diffuse in tutto il mondo. Anzi, una delle caratteristiche dell’internazionalizzazione consiste proprio nella libera circolazione di idee, progetti, spunti, informazioni e conoscenze, che permette a queste ultime di stabilirsi in diverse zone del mondo.
In un mondo economico complesso, le imprese italiane, che in genere sono medio-piccole, hanno reagito in modi diversi; c’è chi non è riuscita ad affrontare la crisi e il cambiamento, c’è chi ha colto l’opportunità per riformarsi o per risparmiare.
Inoltre, l’estero è spesso competitivo: per le norme del lavoro, per la normativa fiscale, per i costi della produzione di beni, tante imprese italiane guardano sempre di più all’Europa, ma anche allo spazio extra UE, per collaborare con l’estero.
La scelta di internazionalizzarsi può essere dovuta alla necessità per le imprese di restare competitive, e quindi di sopravvivere, oppure può essere una scelta maturata nel tentativo di aumentare il proprio business, quindi di crescere e di svilupparsi sempre di più.
Che sia come reazione all’aumentare della concorrenza o come scelta pianificata per espandersi, l’apertura delle imprese al mercato internazionale è di certo una delle grosse caratteristiche dei nostri tempi, che ha permesso una modificazione strutturale dei rapporti di forza, che ha reso beni e servizi sempre più veloci, sempre più competitivi, e sempre più diffusi a tutti gli strati della popolazione. Che sia una scelta o meno, il processo di apertura all’estero richiede uno studio adeguato del mercato, del know-how, delle caratteristiche della concorrenza, dei costi e dei vantaggi che derivano da questa apertura che può rappresentare una opportunità molto concreta di sviluppo che rimandare, a volte, è davvero impossibile o deleterio.